Paralizzato scrive col pensiero grazie ad uso AI

Grazie all’intelligenza artificiale e a due minuscoli chip impiantati nel cervello, un paziente di 65 anni paralizzato da parecchi anni ha potuto ‘scrivere’ su uno schermo, semplicemente pensando di scrivere un testo a mano con la penna. Un software cattura e traduce in parole la sua attività  cerebrale connessa all’ideazione dei movimenti della mano per scrivere, capacità che la mente dell’uomo è  riuscita a mantenere anche a dieci anni dal trauma che ha congelato il suo corpo nell’immobilità totale.

Reso noto sulla rivista Nature, è  il successo di un gruppo di ricerca della Stanford University, dopo anni di lavoro nell’ambito del consorzio di ricerca ‘BrainGate’, che è  anche il nome di una delle prime interfacce uomo-computer sviluppate dai ricercatori.    Per arrivarci gli esperti hanno impiantato due chip grandi quanto un’aspirinetta nella corteccia motoria del cervello dell’uomo, precisamente nella parte che governa i movimenti delle mani. Questi chip sono stati collegati a un software basato sull’intelligenza artificiale. Quando l’uomo pensa di scrivere a mano, il suo cervello comincia ad azionarsi come se dovesse, appunto, far scorrere la penna sul foglio bianco. L’attività neurale raccolta dai chip viene tradotta in testo dal software.

Questi risultati potrebbero portare ad ulteriori avanzamenti nel campo delle interfacce uomo-macchina a beneficio di milioni di pazienti paralizzati in tutto il mondo a causa di traumi o malattie, ha sottolineato Jaimie Henderson, tra gli autori del lavoro. “Il nostro approccio ha permesso a una persona con paralisi di comporre frasi a velocità quasi comparabili a quelle di adulti normo-dotati della stessa età  del paziente, che scrivono su uno smartphone,” -spiega Henderson. Il paziente ha scritto a una velocità  di 18 parole al minuto contro una velocità  media di 23 parole al minuto di una persona sana della stessa età.

Ad oggi di interfacce uomo-macchina ne sono state create diverse, ad esempio quelle che cercavano di tradurre in scrittura il pensiero del paziente di digitare su una tastiera o ancora i movimenti degli occhi del paziente sulle lettere di una tastiera a video. L’interfaccia più famosa è appunto ‘BrainGate’, la porta sul cervello con cui in passato pazienti hanno potuto muovere il cursore su un PC o comandare una protesi robotica o scrivere su una tastiera virtuale solo con il pensiero. Ben diverso è  però  tradurre il pensiero di scrivere a mano, perchè  ogni segno grafico (essendo le lettere in corsivo molto diverse tra loro) corrisponde a profili di attività neurali ben distinto e quindi più  facilmente riconoscibile dall’intelligenza artificiale, che trascrive la scrittura mentale con meno errori.    Al paziente, infatti, è stato prima chiesto di immaginare di tracciare una lettera alla volta, in modo da addestrare l’IA ad associare un particolare pattern di attività  neurale a ciascuna lettera dell’alfabeto scritta a mano. Poi in seconda battuta i ricercatori hanno chiesto al paziente di immaginare di scrivere a mano delle frasi da loro presentate.

Il sistema è  stato un successo, l’uomo ha immaginato di scrivere diverse frasi e il software ha scritto al posto suo. Si tratta di un avanzamento enorme verso l’obiettivo di far comunicare persone che non possono più  parlare nè  scrivere; l’aspetto stupefacente, inoltre, è  che anche a distanza di anni dal trauma che ha congelato i movimenti della mano, il cervello ancora trattiene il pensiero di come farla scorrere su un foglio per scrivere un testo.

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